mercoledì, Maggio 7, 2025

Spalletti nella sua biografia: “Totti come un figlio, Ilary una piccola donna”

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Il Ct della Nazionale in uno estratto della sua biografia ha parlato del rapporto con Totti

“Non volevo Farlo Ritirare, Ma il Suo Destino Era Segnato”

Luciano Spalletti torna a parlare del suo complesso rapporto con Francesco Totti nel suo nuovo libro, scritto a quattro mani con Giancarlo Dotto, intitolato ‘Il paradiso esiste… ma quanta fatica’. Un estratto pubblicato dal quotidiano La Repubblica ripercorre le tensioni e gli equivoci che hanno segnato la fine della carriera del Capitano giallorosso.

“Non Sono Stato Io a Far Ritirare Totti, Ma la Società Doveva Gestire il Mito”

Il Ct della Nazionale non ha esitato a definire l’ex Roma come l’esempio più estremo del suo modo di rapportarsi a un calciatore, negando con forza di essere stato l’artefice del suo ritiro: “Molti hanno sostenuto che sono stato io a far ritirare Totti. Falso. Il mito di Totti, la bandiera, erano aspetti che andavano gestiti dalla società, non da me. L’avevo chiesto con chiarezza al mio ritorno. Non mi si doveva mandare al massacro in quell’uno contro tutti. Io ho sempre messo in campo la formazione con cui pensavo di vincere, né più né meno Ma la Sud a un certo punto si è schierata contro di me”.

La Squadra dalla Parte dell’Allenatore e le Dimissioni per “Liberare” Totti

L’allenatore toscano ha sottolineato come lo spogliatoio fosse dalla sua parte, citando figure di spicco come De Rossi, Strootman, Nainggolan, Keita e Maicon. Per rafforzare il concetto di non essere il “nemico” di Totti e per “liberarlo” da questa narrazione, Spalletti rivela di aver preso una decisione drastica: “Per rafforzare questo concetto e “liberare” Totti dal “nemico” Spalletti, ho detto che non avrei rinnovato il contratto con la Roma: mi sono dimesso anche per questo motivo, per evitare che mi fosse addossata una responsabilità che non avevo e che non era giusto darmi”.

Il Destino Segnato e l’Errore Collettivo

L’ex allenatore giallorosso ammette che, al di là delle sue intenzioni, il destino del “Pupone” a Trigoria era ormai segnato: “La verità è che — giusto o sbagliato che fosse — il destino del numero 10 a Trigoria era segnato. Ma la verità, si sa, è solo di chi la vuole vedere. Abbiamo sbagliato tutti in quella situazione“.

Un Capitano Speciale e un Tentativo di Uscita di Scena Dignitosa

Nonostante le difficoltà, Spalletti riconosce il valore unico di Totti: “Di sicuro, Francesco è stato il capitano a cui mi sono dato di più. Amavo pensare che il mio destino di allenatore stesso nei piedi di questo gigante del nostro sport. Mi sentivo protetto dal suo enorme talento. Ho fatto cose per lui che non ho fatto per nessun altro. Francesco per me sarà sempre come un figlio, allo stesso tempo la sua ex moglie non sarà mai per me come una nuora. Quando lei mi offese gratuitamente presi ancora più consapevolezza di quanto fossi un uomo fortunato ad avere al mio fianco una compagna molto intelligente, che mai mi ha messo in imbarazzo intromettendosi con così tanta arroganza e maleducazione nel mio lavoro. Può capitare, nel corso di una vita, di essere un piccolo uomo o una piccola donna. Certamente lo è stata lei quando si è permessa di rivolgersi a me in quel modo“.

L’Idolatria e un Sogno Rivelatore

Spalletti riflette su come l’idolatria romana possa aver influenzato la percezione di Totti. Infine, Spalletti svela un sogno toccante, un dialogo immaginario con il suo ex capitano che non gli ha mai raccontato: “C’è una cosa che non gli ho mai detto, a Francesco, nemmeno il giorno in cui ci siamo riabbracciati al Bambin Gesù, e ne approfitto per dirgliela ora. Una notte, quando in città non si parla d’altro che di noi, della nostra storia, ti ho sognato mentre mi venivi a dire queste parole: “Mister, ho capito di aver sbagliato con te. Ho capito che, in realtà, tu non mi stai penalizzando come pensavo ma, al contrario, stai facendo di tutto per allungarmi la carriera…”. Un sogno che forse racchiude il desiderio di una comprensione reciproca, al di là delle difficoltà di un rapporto che ha segnato un’epoca del calcio romano.

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