domenica, Giugno 8, 2025

Veron ricorda lo scudetto: “Piansi, nessuno era forte quanto la mia Lazio”

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Sono passati 25 anni dal secondo scudetto della Lazio ma le emozioni sono ancora vivissime, a raccontarle uno dei protagonisti: Veron

Sono trascorsi venticinque anni da quel memorabile secondo scudetto della Lazio, ma le emozioni di quella stagione straordinaria, culminata nel “diluvio di Perugia”, rimangono vivide nel cuore dei tifosi biancocelesti. Uno dei protagonisti indiscussi di quella cavalcata trionfale fu Juan Sebastian Veron , che in un’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport ha ripercorso quei momenti indimenticabili.

L’Ansia e la Radiolina di Sensini

Cosa mi viene in mente? La radiolina di Sensini, naturalmente,” ha esordito Veron , riportando alla mente un’immagine iconica di quella tesissima domenica. “Non c’erano mica gli smartphone, a quel tempo. Si poteva vedere la partita su qualche schermo nella pancia dell’Olimpico, ma io non ce la facevo. Soffrivo troppo. E allora mi sono affidato a quell’oggetto che gracchiava un po’, la voce non era sempre nitida, pulita… Il mio amico Nestor mi ripeteva di stare tranquillo, ma non ci riuscivo, ero agitatissimo“.

Il Fischio Finale e le Lacrime di Gioia

La liberazione al triplice fischio fu un’esplosione di gioia incontenibile per l’argentino: “Ho fatto un salto con le braccia alzate verso il cielo, che era poi il soffitto dello spogliatoio. E mi sono messo a piangere. Sì, a piangere come un bambino. Avevo raggiunto il mio sogno e quello era il mio modo di festeggiare, mentre la gente impazziva di gioia, dentro e fuori dall’Olimpico“.

Uno Scudetto di Qualità e Sofferenza

Veron non ha dubbi sulla legittimità di quel trionfo: “Scudetto figlio della sofferenza? Considerando il finale, direi di sì. Ma lo definirei anche lo scudetto della qualità. Eravamo la squadra più forte del campionato, e questo voglio gridarlo forte anche a venticinque anni di distanza. Nessuno era forte quanto la mia Lazio“.

Eriksson, un Maestro Dentro e Fuori dal Campo

Un ruolo fondamentale in quella Lazio lo ebbe l’allenatore Sven Goran Eriksson, come ricorda Veron : “Eravamo una squadra fantastica, dotata di grandissime qualità tecniche e, soprattutto, umane. E poi a guidarla c’era un allenatore speciale, Sven Goran Eriksson, uno che a me ha insegnato tantissimo. Mi ha spiegato come dovevo fare il calciatore e, contemporaneamente, mi ha fatto crescere come uomo. Gli devo tantissimo“.

Il segreto di un successo corale

Il segreto di quella Lazio vincente, secondo Veron , risiedeva nell’unità del gruppo: “Molto semplice. Eravamo una squadra con tantissimi talenti. Penso a Mancini, a Boksic, a Nedved, a Mihajlovic, a Nesta, e di sicuro me ne sto dimenticando qualcuno… Bene, sapete che cosa ha fatto Eriksson? Non si è messo a disegnare schemi sulla lavagna, sapeva che sarebbe stato inutile, ma ci ha fatto vedere sulle panche dello spogliatoio e ci ha detto che cosa pretendeva da noi sul piano umano Desiderava che ognuno di noi togliesse qualcosa al proprio ego e lo mettesse a disposizione del gruppo. Tutti fummo convinti da quel discorso, ei risultati sono lì a testimoniarlo. Quella Lazio era, prima di tutto, un grande gruppo”.

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