L’ex capitano ed allenatore si è raccontato in una lunga intervista, a distanza di mesi dal clamoroso esonero
Daniele De Rossi , icona della Roma e ora allenatore in cerca di una nuova sfida, si è concesso a una lunga e profonda intervista pubblicata su “Il Corriere della Sera“. Tra i temi centrali, ovviamente, l’improvviso addio alla panchina giallorossa, arrivato dopo sole quattro partite in questa stagione, e la sua inesauribile voglia di rimettersi in gioco, al più presto, su una nuova panchina.
L’Esonero Improvviso e il Progetto Incompiuto
“Non deve chiederlo a me. abbiamo impostato un progetto di lungo periodo. Nella mia testa c’era l’idea di crescere insieme a una squadra giovane e alcuni giocatori più esperti con l’obiettivo di lottare per lo scudetto nel 2027, l’anno del centenario. E invece…“. Con queste parole, De Rossi commenta l’esonero fulmineo. La sua stagione è durata appena quattro partite e tre punti, un lasso di tempo che il tecnico ritiene “davvero troppo presto” per accantonare un progetto. Egli sottolinea le difficoltà di un inizio stagione con il mercato ancora aperto e la squadra in costruzione: “Le stagioni ormai cominciano a metà agosto, noi abbiamo fatto il ritiro con 16 ragazzi della Primavera, il mercato aperto e la squadra ancora tutta da costruire. Gli ultimi 4-5 acquisti li ho allenati solo per pochi giorni“.
L’Amore per la Roma e un Possibile Ritorno
“Un giorno allenerò la Roma“, aveva sempre detto De Rossi . L’esperienza da allenatore è stata un mix di gioia per averla guidata e dolore per averla lasciata così presto. Tuttavia, il “Capitan Futuro” non lo vive come un assillo: “Voglio tenermi l’onore e la felicità di averla allenata ed esserne stato all’altezza. Averla lasciata così presto, mi lascia la possibilità di riprovarci un giorno. Non lo vivo come un assillo, ma tanti allenatori, ultimo Ranieri, sono tornati nello stesso club più di una volta. Come diceva Califano: non escludo il ritorno“.
Nonostante il dolore iniziale nel vedere la sua Roma “felice con un altro uomo” (metafora per l’arrivo di Ranieri), De Rossi oggi guarda con gioia alle vittorie giallorosse: “Sono tornato a vedere la Roma e ad essere contento delle sue vittorie“. Ammette l’intelligenza e il pragmatismo di Ranieri, ma si rammarica di non aver potuto vivere da tecnica l’emozione di un Olimpico pieno di bandiere giallorosse, come nella coreografia contro il Bilbao.
I Rimpianti, le Polemiche e la Volontà di Ricominciare
De Rossi rimprovera ai Friedkin di non averlo avvisato prima della decisione drastica, ma li ringrazia per l’opportunità. Crede che l’esonero sia stato “tanto indirizzato” da chi “non ha lavorato per il bene della Roma” e “oggi non c’è più“. Sulla regola che impedisce a un tecnico esonerato di allenare un’altra squadra di Serie A, De Rossi è critico: “Sbagliatissima: tutto il mondo ha regole diverse. La mala-burocrazia che spesso ferma il Paese esiste anche nel calcio“.
Le sue riflessioni si estendono anche alle difficoltà di costruire stadi in Italia, citando il caso di Tor di Valle e del Flaminio, a causa di una “follia burocratica”. Sulla sua eredità alla Roma , De Rossi è chiaro: “Un gruppo sano, una dedizione al lavoro. E alcune giuste intuizioni”, citando i lanci di Svilar, Angelino, Soulé e Koné, ma anche il “no” a Retegui“.
Ora De Rossi cerca “un progetto stimolante, una piazza passionale che viva per il calcio e dei dirigenti che hanno una grande voglia di lavorare con me“. Il suo calcio è riassunto in tre concetti: “Capacità di fare gli uno contro uno in ogni zona del campo, coraggio e un’organizzazione che consente di dominare il gioco”. I suoi maestri? Spalletti, Luis Enrique e Conte“.
Vita Privata e Leggende Metropolitane
L’intervista tocca anche la vita privata di De Rossi , dal matrimonio giovanile con Tamara Pisnoli: “Ci siamo sposati troppo giovani e troppo in fretta. Ai calciatori consiglio di non sposarsi, fare figli e comprare case subito. Ma lo dico anche a mia figlia. A 20 anni non si ha l’esperienza per scegliere la persona della propria vita o per essere genitori“, alle leggende metropolitane che lo hanno accompagnato: dalla cicatrice da coltello alla “manica lunga” per coprire un presunto tatuaggio nazionale, smentite categoricamente.
Il suo più grande rimpianto è “Non aver vinto uno scudetto con la Roma ed essere arrivato al Boca Juniors troppo tardi“.
Il sogno è “Trovarmi a 70 anni felice della carriera da tecnico come oggi lo sono di quella da calciatore“, l’incubo “Che il mio sogno possa allontanarmi troppo dalla mia famiglia“.
Infine, sulla possibilità di altri “Totti e De Rossi ” alla Roma : “Magari ce ne saranno due meno innamorati della Roma, ma che vinceranno più di noi. Più forti di me ci saranno, di Francesco la vedo dura“. E sul dispiacere di non vedere Totti nella Roma : “Mi spiace, ma capisco la ritrosia dei presidenti quando si avvicinano alle bandiere dei club. Non è facile gestire figure così ingombranti: ti danno lustro ma se vanno via lo stadio ti si rivolta contro“.